Dopo il grande successo della mostra romana e l’attesa dovuta all’emergenza sanitaria, è arrivata finalmente nella ‘sua’ Napoli, con un nuovo percorso espositivo e un leit motiv interamente dedicato al rapporto con la città, la grande mostra multimediale dedicata alla carriera e all’anima di uno dei più amati artisti della nostra storia, Massimo Troisi.
Troisi poeta Massimo comprende più di 80 fotografie provenienti da archivi familiari e di amici e colleghi, dall’Archivio storico Luce alle Teche Rai e all’Archivio Enrico Appetito (con le foto dai set di Mario Tursi).
Filo conduttore della mostra è il lato più sensibile e intellettuale di Troisi, un “Pulcinella senza maschera” naturale erede di Eduardo e capace di attualizzare la tradizione partenopea sfuggendone dai cliché. Massimo è stato un poeta senza definirsi tale, ha scritto poesie in tenera età per ritagliarsi spazi d’intimità negati da una famiglia numerosa e ha chiuso il cerchio con Il Postino, film in cui la poesia non è solo testo, ma il modo di vivere poeticamente.
MASSIMO TROISI E NAPOLI
Per scelta curiatoriale e per omaggiare il capoluogo campano e le origini di Massimo Troisi, la mostra non prevede uno spazio confinato su Napoli e la napoletanità: Napoli e la napoletanità sono invece direttamente il filo conduttore di tutta l’esposizione, il leitmotiv dell’intero percorso.
Ancora prima dell’ingresso vero e proprio alla mostra, un’opera (pezzo unico) dell’artista Lello Esposito e appartenente alla collezione privata di Massimo Troisi accoglierà il visitatore. Si tratta di una scultura di Pulcinella (Eccomi qui – Pulcinella per Massimo Troisi) del 1992 realizzata in bronzo con basamento in pietra lavica.
Ad accompagnare il capolavoro, un video inedito dell’attore che racconta il suo rapporto con la maschera partenopea più emblematica e una gigantografia dal set di “Il viaggio di Capitan Fracassa” in cui Troisi vestì proprio i panni di Pulcinella. Ma un Pulcinella diverso, innovativo, lontano dai cliché: “Il mio Pulcinella vive per strada, fa l’amore, rammenda calzini, dorme sul seno. Non sai mai bene dove finisce la maschera e dove inizia l’uomo. È una libertà, perché ho sempre avuto pudore nell’usare la napoletanità riconosciuta.”