Un racconto dell’antico fatto di rame, ferro battuto, ottone e non solo: a guidarci, in questo viaggio fantasioso e leggero tra passato e presente, non può che essere Riccardo Dalisi.
Il noto artista è protagonista, al Museo Archeologico Nazionale, della personale “Vincendo il tempo”: dal 19 dicembre (vernissage ore 17) al prossimo 27 febbraio, Dalisi ripercorre al MANN la sua esperienza creativa, interpretata, in modo inimitabile, tra sculture, opere di design, mosaici e bozzetti.
Filo conduttore dell’exhibit, a cura di Angela Tecce, il confronto tra i sottili e stilizzati (quasi aerei) lavori di Dalisi e le possenti statue della collezione Farnese del Museo: nell’esposizione, nata dalla collaborazione con diversi atenei ed istituzioni culturali (Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Dipartimento di Architettura dell’Ateneo Federiciano, Accademia di Belle Arti di Napoli, SMMAVE Centro per l’arte contemporanea Napoli), sono presentati al pubblico un dittico in mosaico ed oltre trenta sculture.
Si parte dall’Atrio, con due pastori di una natività, realizzati negli anni Duemila come esito del design del cilindro della famosa caffettiera; si prosegue nella Sala dei Tirannicidi, dove una grande figura di Madonna orante, composta di latta, rame ed altri metalli cuciti insieme secondo i principi del cosiddetto “Design ultrapoverissimo”, entra in dialogo con il celebre gruppo scultoreo di Armodio ed Aristogitone.
La dialettica tra diverse espressioni creative e distinti materiali che supportano ed incarnano il lavoro dell’artista non finisce qui: sempre “al cospetto” dei Tirannicidi, Dalisi propone non soltanto l’originalissimo dittico in mosaico, che riflette, su una superficie di 2.7X1.5 m, l’iconografia degli affreschi pompeiani (due le scene rappresentate: la prima, su fondo blu, ha tema marino con pesci; la seconda, su base gialla, reca fiori colorati), ma anche un pannello con disegni e bozzetti ispirati alle sculture di Henry Moore.
Nel Giardino delle Fontane, un nuovo colpo d’occhio attende il visitatore con il “Gazebo”, che ricrea in 3d le antiche pitture vesuviane, mentre tanti altri rimandi dimostrano quanto la fantasia contemporanea sia nutrita dall’iconografia classica: da non perdere, le sculture in rame, ottone e verde rame intitolate “Cave canem”, “Ulisse” e “Pompei”, che, con grazia, leggerezza ed ironia, avvicinano e desacralizzano il legame con la cultura antica. Superato il criterio diacronico ed adottato un presupposto di allestimento ben armonizzato nelle collezioni del MANN, il percorso espositivo presenta anche alcune famose opere che hanno segnato gli “esordi” della carriera di Dalisi: tra queste, “Il grande trono di cartapesta” che, ad inizio degli Anni Settanta, segnò l’avvento di quella che Germano Celant definì “Arte povera”.
In un itinerario colto, ed allo stesso tempo leggero, il visitatore scopre così non soltanto i legami tra arte classica e contemporanea, ma soprattutto la vocazione sperimentale di un autore che ha segnato profondamente la cultura partenopea (e non solo) degli ultimi decenni: giocando sui materiali e sulle forme, proponendo una visione fantasiosa della realtà, Dalisi definisce i canoni di un’estetica che riesce a trovare bellezza e slancio creativo nella dimensione del quotidiano.
Questa semplicità, quasi minimalista, è forse la chiave di volta per comprendere l’incontro di Dalisi con il MANN: nel terzo millennio, secondo l’artista, ci sono ancora eroi e cavalieri, ma sono figure minute e sottili di verde rame, protese, come in una delle sculture presentate nell’exhibit, a guardare un orizzonte che, sino al 27 febbraio, coinciderà con le sale dell’Archeologico.